L’AMORE PUO’ CAMBIARE IL NOSTRO DNA, LO DICE LA SCIENZA!

Le relazioni e la nostra biografia hanno un peso, forse molto più grande di quello che pensiamo e in questo, l’epigenetica (una recente branca della genetica che si occupa dei cambiamenti fenotipici ereditabili da una cellula o un organismo, in cui non si osserva una variazione del genotipo), e la neurofisiologia dell’attaccamento, cioè delle relazioni precoci – quelle che riguardano il tempo della gestazione, i primi anni di vita – hanno avuto un ruolo centrale.

Non so se tu abbia mai pensato di poter comunicare realmente con il tuo DNA. Non so se tu abbia mai pensato che il mezzo più potente che hai, per comunicare con il tuo DNA, è ciò che di più grande possiedi e cioè le emozioni, la relazione, il sentire, il tocco, lo sguardo, il sorriso, il suono delle parole.

L’epigenetica sta portando a capire proprio questo. Si sta passando da un paradigma, nel quale si pensava al DNA come ad un programma statico, che determina e costruisce il nostro organismo, all’idea di un DNA che, invece, è un programma che ci viene trasmesso dai nostri genitori, dalle generazioni precedenti, come un potenziale, un potenziale che può essere completamente modificato nella sua espressione, dalle informazioni dell’ambiente.

Questo dato è importantissimo, perché sta a significare che qualcosa dipende effettivamente da noi!

l’epigenetica in termini molecolari

Noi abbiamo in ogni nostra cellula la bellezza di circa 3 metri di DNA tutti avvolti in 5 micron, che è un’unità di misura infinitesima, e già questo è un miracolo!

Il miracolo ancora più grande è che, in realtà, perché questo DNA si esprima, nella cellula, si deve aprire, se deve “srotolare”. E lo fa ogni millisecondo, in relazione alle esigenze della cellula. Affinché questo accada, deve ricevere un’informazione e l’informazione la riceve dall’esterno.

Era il 1997 e Richard Strohman, uno dei più importanti biologi molecolari, pubblica un articolo su “Nature Biotechnology” – forse la rivista più prestigiosa al mondo di biologia molecolare – in cui descrive come abbiamo creduto che l’informazione andasse dal DNA alla RNA e alle proteine, ma non abbiamo considerato che andava anche nell’altro senso, dall’esterno verso l’interno. Cioè dall’ambiente, verso l’interno.

CI sono due aspetti fondamentali per definire l’ambiente in questo quadro di riferimento.

Uno è quello dell’ambiente inteso come contesto, l’aria, l’acqua, il cibo.

L’altro, in parallelo, forse ancora più profondo, forse ancora più potente, è quello delle emozioni, delle storie della nostra relazione, in particolar modo nella nostra infanzia, nella nostra primissima infanzia e nel tempo della gestazione.

Gli studi dell’epigenetica dicono che, le emozioni della madre durante la gravidanza, condizionano degli RNA minori, che sono dei regolatori dell’espressione genica nel feto e nelle generazioni successive, fino alla terza successiva.

Gli stessi spermatozoi non portano soltanto il codice genetico dei 23 cromosomi che derivano dal padre, ma hanno anch’essi RNA minori che modulano l’espressione genetica.

Questi messaggi stanno anche nelle cellule che diventeranno i gameti di quel feto, di quelle cellule che un giorno, quando il feto sarà diventato adulto, passeranno le informazioni sui figli.

Ciò vuol dire che abbiamo una concatenazione potentissima e noi possiamo effettivamente interagire con questa concatenazione. Questo non lo dico io, ma lo dicono gli studi dell’epigenetica.

IL CONNETTOMA

Le emozioni sono un fattore epigenetico che agisce su quello che, gli scienziati, chiamano “connettoma”, cioè l’insieme delle reti neurali e delle relazioni all’interno del nostro cervello e del sistema nervoso, che dicono chi siamo noi.

Il connettoma è effettivamente plasmato, plasmato interamente dalle nostre emozioni!

Immagina il cervello come un enorme sacco di ormoni, una sorta di bollitore ormonale biochimico che produce energia che viene misurata con l’elettroencefalogramma.

Quando dormiamo emettiamo circa 3 Hz, quando siamo svegli 9.

Perché accade questo? Quando proviamo un’emozione “positiva”, l’emozione di gioia legata all’amore, al benessere, abbiamo un picco intensissimo che rimane nella memoria come qualcosa che ci ha fatto bene.

Quando invece proviamo emozioni di paura, di angoscia e, ancora di più quando siamo piccoli, quando siamo davvero nei primi anni della nostra vita, lo stress materno fetale produce un’onda sotto soglia che quasi non si avverte, ma che è costante, allerta il sistema e si riverbera su tutto il corpo. Quest’onda, in qualche modo, viene memorizzata e agisce sui circuiti. Addirittura brucia le terminazioni nervose.

COME AGISCONO lE EMOZIONI

Qual è, secondo te, lo strumento per riparare, per attivare le risorse miracolosamente presenti dentro di noi?

E’ semplicissimo, lo puoi fare anche adesso.

Scambia uno sguardo con una persona a te cara, con un parente, un’amica o un amico. Puoi provare anche solo a immaginare lo sguardo che magari non puoi vedere ora. Lo puoi immaginare. Immagina gli occhi di chi ti accoglie, di chi ti dice che sei una persona perfetta così come sei, che vai bene così come sei!

Il potere dello sguardo agisce nella gestazione fin dai primi anni di vita. I neonati hanno la capacità, dopo pochissimi giorni, di riconoscere 70 diverse tipologie di sorriso, nel volto della madre.

Pensa che solo 30 secondi di un abbraccio, attivano l’ossitocina.

Questo ormone gioca un ruolo centrale durante il travaglio e il parto e, successivamente, nel processo di allattamento. Più recentemente è stato anche indicato come elemento chiave nelle interazioni sociali e nelle reazioni sentimentali, da questo il soprannome di “ormone dell’amore”.

I nuovi studi di neurofisiologia hanno dimostrato l’effetto terapeutico delle carezze sulla riparazione dei traumi memorizzati nel corpo. E questo perché, il corpo, è effettivamente tutto innervato e risponde nella sua totalità a questi impulsi.

Prova adesso, per qualche istante, a diventare tu stessa /o un connettoma. Prendi per mano qualcuno a te vicino, e fallo come se fosse davvero la connessione di un’intera rete neurale.

I neuroni fanno così, con le loro sinapsi, con la sola piccola differenza che noi abbiamo dentro il nostro corpo, cento milioni di neuroni che fanno connessioni ogni millisecondo, un milione di volte in più rispetto ai nucleotidi che costituiscono l’alfabeto del nostro DNA.

Tieni presente anche un’altra cosa. Quando tocchi la mano di un’altra persona, dai un’informazione a tutto il corpo perché, la corteccia celebrale, porta un’area di rappresentazione dei sensi della mano – cioè delle comunicazioni della mano – molto più ampia che per qualsiasi altra area e il tatto è un senso diffuso.

Gli occhi li chiudiamo e non ci vediamo, con le orecchie tappate non sentiamo i suoni. Il tatto, invece, è ovunque perché, il corpo, è inizialmente, agli albori del nostro sviluppo, fatto di esperienze di contatto e il nostro DNA risponde a queste.

L’IMPORTANZA DEI SUONI

Pensa che, mentre tu stai toccando con la mano, la mano di un’altra persona a te cara, crei questa sorta di connettoma. Qualcosa accade dentro di te. Si genera una specie di sinfonia vibrazionale, una sinfonia di suoni.

A Bologna, il dottor Carlo Ventura studia i suoni e le cellule staminali. Ha condotto importanti studi, riconosciuti dalla comunità scientifica internazionale, sugli effetti che i suoni hanno sul nostro tessuto biologico emozionale, in quanto agiscono sul nostro sistema nervoso, sul nostro DNA.

Carlo Ventura è medico, PhD, Specialista in Cardiologia e Professore Ordinario di Biologia Molecolare presso la Scuola di Medicina dell’Università di Bologna.Direttore del National Laboratory of Molecular Biology and Stem Cell Engineering del National Institute of Biostructures and Biosystems (NIBB) – Eldor Lab, presso gli “Acceleratori di Innovazione” del CNR di Bologna.Editor-in-Chief del World Journal of Stem Cells, e membro dell’Editorial Board dell’International Journal of Molecular Sciences.

Il pianto di un neonato arriva dritto dentro. Ti chiama come non ti può chiamare nient’altro. Altri suoni, invece, possono armonizzare, in qualche modo, il nostro corpo e il nostro DNA.

OGNUNO DI NOI HA PROBABILITÀ DI SUCCESSO

Ecco quindi che nascono delle terapie, delle terapie di una nuova scienza, perché è stato dimostrato che noi, tutti noi, abbiamo una chance.

E questa chance non ce l’abbiamo soltanto facendo cose difficili, ma modificando il tessuto delle nostre relazioni, modificando il tessuto della nostra quotidianità.

Il potere di uno sguardo, il potere di un sorriso, il potere di una carezza, possono cambiare effettivamente tutta l’informazione biologica dentro di noi. Perché il nostro è un DNA adattivo, che apprende dall’esperienza.

Grazie all’epigenetica, grazie alla neurofisiologia e grazie alla biofisica dei quanti, si è capito che nulla è effettivamente separato dal resto.

L’INTERDIPENDENZA

Con questi piccoli, ma importanti esercizi, si crea quella che gli studiosi chiamano “interdipendenza”.

In qualche modo, siamo collegati. Siamo collegati perché siamo collegati dentro di noi da una rete fatta di memorie, di contatto, di sguardi, di tenerezza.

Uno dei padri del concetto di “connettoma”, Steven Seung, ha coniato questo slogan

“Io non sono i miei geni, io sono il mio connettoma”.

Erica Poli, (medico-psichiatra, psicoterapeuta, direttore scientifico di EFP Group – Centro di Terapie Integrate, membro di società scientifiche, tra cui IEDTA, ISTDP e OPIFER) lo ha integrato con

“Io sono l’amore con cui il mio connettoma è stato cresciuto, io sono l’amore con cui posso alimentare il mio connettoma e quello di chi mi sta vicino”.

Oggi ci troviamo in una situazione nella quale, i massimi esperti di epigenetica molecolare, di neurofisiologia e della biofisica dei quanti, stanno comprendendo che possiamo davvero dialogare con quelle strutture che credevamo immutabili e rigide.

Possiamo davvero trasformare il nostro programma. L’elemento che lo trasforma nella maniera più profonda, e che si riverbera contemporaneamente a livello cerebrale, al livello del Sistema Immunitario, nella salute e nella malattia, oltre che nella felicità e nel benessere, la chiave di volta di tutto questo, lo possiamo chiamare AMORE.

Questa emozione così umana e così difficile, talvolta, per gli umani, ha un potere davvero immenso.

In quest’ottica – che è insieme biografica e biologica, e che unifica i due aspetti, dove l’equilibrio e la salute, forse, sono una situazione in cui non c’è disarmonia, tra la cellula e lo spirito (e per spirito intendo qualsiasi cosa tu creda) – ecco, in questa condizione, quel gioco di parole, che se pure etimologicamente infondato, legge nella parola amore l’alfa privativa “a mors”, ossia assenza di morte, in quest’ottica, quel gioco di parole è incredibilmente vero!

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