IL MODELLO BIG FIVE DELLA PERSONALITA’ TRA STUDI E CRITICHE

La teoria dei Big Five, di Robert R. McCrae e Paul T. Costa, è una tassonomia dei tratti di personalità. Tra la moltitudine di modelli incentrati su un approccio nomotetico (ossia il modo di impostare una ricerca conoscitiva che miri alla scoperta di un assetto normativo della realtà regolata quindi nel suo complesso da leggi universali) allo studio della personalità, risulta uno dei più condivisi e testati, sia a livello teorico sia empirico.

I punti di partenza di questa teoria sono:

1. L’approccio fattoriale proposto da Hans Eysenck, che identifica le dimensioni caratterizzanti le differenze individuali attraverso analisi statistiche di tipo fattoriale.

2. La teoria della sedimentazione linguistica elaborata da Raymond Cattell: questi studi hanno considerato il vocabolario della lingua quotidiana come un serbatoio di descrittori delle differenze individuali.

Sebbene il modello Big five sia ampiamente utilizzato in psicologia, occorre, però essere prudenti. La personalità è un costrutto difficile da quantificare.

Il modello Big Five, o OCEAN, è uno dei più famosi nello studio della personalità

Viene utilizzato in molti ambiti, ma in che cosa consiste esattamente?

Secondo questa teoria, la personalità può essere divisa in cinque tratti indipendenti: apertura mentale, coscienziosità, estroversione, empatia e nevroticismo. Conoscere gli elementi che compongono queste dimensioni ci permette di avvicinarci alla nostra personalità.

Per capire meglio il modello Big Five, è però importante tenere conto di due aspetti. Innanzitutto, sapere a cosa si riferiscono questi tratti della personalità e come vengono descritti; in secondo luogo, conoscere le critiche che ha ricevuto.

La Teoria dei Big Five – L’ORIGINE

Nella storia della psicologia si sono susseguite e confrontate diverse teorie sulla personalità e sul suo sviluppo.

Allo stato attuale, la teoria dei cinque grandi fattori della personalità (teoria dei Big Five) è considerata quella maggiormente in grado di spiegare più variabilità individuale tra i soggetti.

Il termine Big Five è stato usato per la prima volta da Goldberg (1981), anche se fu Norman (1963) a dar inizio ad un lavoro approfondito sui cinque grandi fattori.

LE CARATTERISTICHE DELLA PERSONALITà

Tra le più importanti teorie della personalità vi sono le teorie dei tipi e quelle dei tratti psicologici.

Nel dettaglio, con il termine “tratti” si è soliti indicare quelle caratteristiche della personalità, per lo più ritenute di origine genetica (Eysenck, 1990), e quindi difficilmente modificabili, che influenzano il comportamento umano in modo stabile. I tratti si oppongono agli stati che sono definiti come disposizioni transitorie della personalità e, in quanto tali, sono, facilmente modificabili.

Attualmente le teorie dei tratti sono considerate più scientifiche rispetto a quelle dei tipi. Di conseguenza, la personalità è data dalla somma dei tratti di un individuo che sarebbero in grado di spiegare il comportamento osservato. Quindi, i tratti rappresentano variabili latenti (ossia non osservabili direttamente) che spiegano il comportamento umano manifesto.

LE TRE PRINCIPALI TEORIE

Le teorie dei tratti della personalità più note sono quella di Cattell, quella di Eysenck e successivamente quella dei “Cinque grandi fattori della personalità” (teoria dei “Big Five” appunto).

Queste tre non sono le uniche esistenti, ma si evidenziano per l’indiscutibile importanza che hanno avuto e che continuano ad avere.

Secondo Cattell i tratti primari costitutivi della personalità sarebbero sedici:

  1. A – distaccato, freddo
  2. B – superficiale, inintelligente
  3. C – immaturo, labile
  4. E – deferente, mite
  5. F – rigido, depresso
  6. G – incostante, volubile
  7. H – timido, impacciato
  8. I – duro, realista
  9. L – fiducioso, tollerante
  10. M – convenzionale, pratico
  11. N – ingenuo, sprovveduto
  12. O – tranquillo, sicuro
  13. Q1 – conservatore, tradizionalista
  14. Q2 – dipendente, imitativo
  15. Q3 – indolente, incontrollato
  16. Q4 – rilassato, placido.

Questi tratti sono misurati soprattutto dal test 16 PF (Cattell, Eber e Tatsuoka, 1970). Essi sono i tratti più significativi in grado di spiegare la maggior parte della varianza della personalità negli adulti normali.

Uno dei problemi principali è che i fattori di Cattell sono difficilmente replicabili sia per le etichette utilizzate sia per la bontà dei dati ottenuti.

Più tardi Eysenck presentò la teoria trifattoriale, cioè basata su tre fattori: Estroversione (E), Nevroticismo (N) e Psicoticismo (P).

Eysenck, nell’arco della sua attività scientifica, ha costruito una serie di test di personalità atti a misurare questi tre fattori, ciascuno dei quali era un miglioramento rispetto ai precedenti. Si tratta di pochi tratti non in grado di coprire tutto l’insieme delle caratteristiche individuali.

LE 5 CATEGORIE DELLA TEORIA DEI BIG FIVE

Così, nascono i Big Five. Secondo questa teoria vi sono cinque grandi fattori della personalità che rappresentano il punto di convergenza delle teorie dei tratti precedentemente presentate. Le 5 dimensioni elencate di seguito, corrispondono alle macro-categorie più usate per descrivere le diversità tra individui.

Le cinque categorie sono

1. Estroversione

Il polo positivo di questo fattore è rappresentato dall’emozionalità positiva e dalla socialità, laddove quello negativo è rappresentato dall’introversione, ossia dalla tendenza ad «esser presi» più dal proprio mondo interno che da quello esterno.

2. Amicalità

Il polo positivo di questo fattore è rappresentato da cortesia, altruismo e cooperatività; il polo negativo da ostilità, insensibilità ed indifferenza

3. Coscienziosità

Questo fattore contiene nel suo polo positivo gli aggettivi che fanno riferimento alla scrupolosità, alla perseveranza, alla affidabilità ed alla autodisciplina e, nel suo polo negativo, gli aggettivi opposti

4. Nevroticismo

Il polo positivo di questo fattore è rappresentato da vulnerabilità, insicurezza ed instabilità emotiva. Il polo opposto è rappresentato dalla stabilità emotiva, dalla dominanza e dalla sicurezza

5. Apertura all’Esperienza

Il polo positivo di questo fattore è rappresentato da creatività, anticonformismo ed originalità. Il polo opposto è, invece, identificato dalla chiusura all’esperienza, ossia dal conformismo e dalla mancanza di creatività ed originalità

LIMITI E CRITICITà

La valutazione della personalità, attraverso il modello dei Big Five, può avvenire mediante la compilazione da parte del soggetto di un questionario (strutturato attraverso la scala di Likert), oppure mediante la valutazione della condotta in un contesto di simulazione (come ad esempio l’Assessment center).Per gli autori della versione italiana (Caprara, Barbaranelli e Borgogni), ognuna di queste cinque dimensioni è costituita di due sotto-dimensioni così definite:

  1. Estroversione: dinamismo, dominanza
  2. Amicalità: cooperatività/empatia, cordialità/atteggiamento amichevole
  3. Coscienziosità: scrupolosità, perseveranza
  4. Nevroticismo: controllo delle emozioni, controllo degli impulsi
  5. Apertura mentale: apertura alla cultura, apertura all’esperienza.

I fattori della teoria dei Big Five sono stati riscontrati in diverse popolazioni, in diverse età e in diversi studi basati sia su questionari che sul linguaggio naturale.

Sebbene il modello OCEAN (dall’inglese) sia ampiamente utilizzato in psicologia, occorre essere prudenti.

La personalità è un costrutto difficile da quantificare.

Il modello Big Five non è pertanto esente da qualche difetto.

Il primo è che i tratti della personalità vengono misurati attraverso il self-report. L’autovalutazione è un questionario in cui il soggetto fornisce le risposte in modo diretto. Questo porta più facilmente a mentire e a rispondere in base alla desiderabilità sociale.

Un’altra possibile fonte di errore è la presenza di pregiudizi nel soggetto che si sta auto-giudicando. Dagli studi di psicologia sociale sappiamo che sono molti i pregiudizi che possono portarci a valutare noi stessi in modo molto generoso. Il modello Big five, in breve, è affidato all’autovalutazione, quindi le risposte tendono a essere poco obiettive.

Forse, però, il maggiore difetto di questo modello, è il fatto di basarsi sullo studio della personalità come tratto a sé. Si tratta di un approccio  internalista che dimentica la possibile interazione dell’individuo con l’ambiente. Questo lo rende uno schema rigido, in cui la personalità è considerata stabile in tutte le situazioni. La psicologia, invece, suggerisce che la personalità è un insieme instabile, creata attraverso forti interazioni tra l’individuo e il contesto.

In conclusione

Nonostante i suoi limiti, il modello Big Five è di sicura utilità in contesti stabili. 

Può perfino nascondere altri impieghi come la valutazione del concetto che una persona ha di sé. Si tratta, in definitiva, di un modello interessante la cui affidabilità è avallata da dati statistici. Sempre da utilizzare con cautela.


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DALL’OBIETTIVO AL BENESSERE


Pubblicato da OBIETTIVO BENESSERE

OBIETTIVO BENESSERE è un percorso basato sulla mindfulness, termine inglese che vuol dire “consapevolezza“ e che, secondo Jon Kabat-Zinn, l’ideatore del protocollo MBSR (Mindfulness Based Stress Reduction) consiste nel: "prestare attenzione con intenzione al momento presente in modo non giudicante". La si può descrivere anche come un modo per coltivare una presenza più piena all’esperienza del momento, al qui e ora. L’approccio della mindfulness deriva ed è basato sulla meditazione di consapevolezza – una delle principali tradizione meditative del buddismo classico, ma scevro della cornice religiosa e corroborato da migliaia di ricerche scientifiche internazionali – e consiste proprio nel proporre un livello introduttivo, iniziale di pratica di meditazione che sia adeguato e adatto a contesti quotidiani, all’esperienza di vita normale che sperimentiamo tutti i giorni, specifico per migliorare l’equilibrio emotivo, il benessere psicofisico, la gestione di ansia, stress, dolore, dipendenze e disturbi depressivi minori.

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