È un optare consapevole e costante tra un ribellarsi e un volersi emancipare ad ogni costo dall’origine, dalle condizioni contingenti e creaturali date all’uomo e non da lui create, quali la nascita, la vita con gli altri, il mondo, la morte.
Ma gratitudine può voler dire anche scegliere, con sano realismo, di riconciliarsi con la contingenza, accettare la vita come dono e rispondere al dono con gratitudine. Saperlo fare è frutto di un lungo, complesso e spesso tortuoso cammino di crescita, di presa di coscienza sempre nuova, di esercizio della libertà, di umiltà e di buon senso, di capacità di tener conto degli altri, forse anche conseguenza dell’incontro con l’Altro.
Insomma, la gratitudine è frutto di educazione, se per educazione si intende ancora un processo, quello di iniziare l’uomo alla realtà e in questa realtà di aiutarlo a compiersi, a diventare se stesso e così orientarlo a farsi dono per gli altri e spendere le migliori energie e talenti per il bene comune. Tutto ciò può avvenire se gli si insegna a ringraziare.
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