– PARTE 1 –
NON VEDO L’ORA DI DIVENTAR BAMBINO
Può sembrarti assurdo, ma è la verità. Quando ero piccolo credevo, tra le tante cose, che non sarei mai riuscito né a guidare una macchina, né tantomeno a baciare una ragazza. Non chiedermi il perché, ma ero convinto che fossero obiettivi impossibili. Impossibili, sì, ma solo per me.
Quel bambino, “così bravo e buono”, guardava il mondo con la testa appoggiata dalla parte esterna della vetrina, curioso di vedere, semmai fosse riuscito ad entrare, cos’altro ci fosse al di là di quel vetro.
Quel bambino, “che non si vede e non si sente”, sapeva di poter diventare invisibile agli occhi dei grandi, ma non a quelli dei suoi coetanei che avevano un modo assai bizzarro di divertirsi.
Quel bambino, “silenzioso e pensieroso”, non capiva, infatti, cosa ci fosse di così divertente nel lancio di sassi o negli insulti verso di lui.
Tutte cose che osservava con sintomatica diffidenza e apatica temerarietà, assorto com’era nella ricerca del suo mondo perfetto.
In quel caos che governava la sua vita, c’era una sola cosa che lo accumunava a tutti gli altri bambini. Anche lui non vedeva l’ora di crescere, di diventare grande, per fare le “cose dei grandi”.
Se mi fermo a pensarci un attimo, è buffo.
ORA CHE SONO “GRANDE”, NON VEDO L’ORA DI DIVENTARE BAMBINO
Sì, hai letto bene, di DIVENTARE BAMBINO – e non di tornare bambino – perché “occorre una vita intera per diventare bambini”, come sembrerebbe abbia detto Pablo Picasso.
Non c’è niente di bello nel crescere, se perdiamo la curiosità di imparare, la capacità di osservare, l’abilità di ascoltare. Non c’è niente di bello nel crescere se perdiamo la libertà di sognare, la voglia di creare.
Quel bambino, “così bravo e buono” , “che non si vede e non si sente” e “silenzioso e pensieroso”, ne ha vissute tante di brutte esperienze, ma ne ha superate altrettante.
In effetti, non so perché quel bambino non raccontava mai ai propri genitori cosa accadeva all’asilo in cui andava, un asilo gestito dalle suore.